Volley femminile: quanto guadagnano le stelle della Nazionale italiana?
La Nazionale di pallavolo femminile italiana è senza dubbio la più competitiva al mondo: le azzurre sono infatti campionesse olimpiche e campionesse del mondo in carica. Ma quanto guadagnano davvero le ragazze che sotto la guida di Velasco ci stanno regalando trionfi straordinari?
In cima alla classifica degli stipendi delle azzurre troviamo, senza sorprese, Paola Egonu. La stella della Pro Victoria, secondo alcune indiscrezioni guadagnerebbe circa un milione di euro l’anno, considerando i ricavi da sponsorizzazioni.
Subito dietro di lei, Miriam Sylla, Lucia e Caterina Bosetti e Cristina Chirichella, tutte con stipendi stimati tra 150.000 e 300.000 euro a stagione.
Se le big arrivano a guadagnare cifre molto importanti, la media degli stipendi nel nostro campionato di Serie A1 è molto più bassa, attestandosi tra i 25.000 e 50.000 euro annui per molte atlete.
In Serie A2, gli stipendi scendono ulteriormente, risultando spesso paragonabili a quelli di un normale impiego.
Il volley femminile italiano sta guadagnando sempre maggior visibilità e pubblico, per un movimento in costante crescita fin dalla sua base.
Al tempo stesso si evidenzia ancora un grande divario economico rispetto al settore maschile o alle cifre che girano relativamente ad altri sport.
Le opportunità all’estero, in paesi come ad esempio la Turchia, diventano sempre più attraenti per le top player nostrane.
Tra gli altri, il trasferimento più recente in oriente è quello di Myriam Sylla, passata in estate dal Vero volley Monza al Galatasaray.
Per compiere un ulteriore step e restare al vertice negli anni, il movimento italiano ha bisogno di una maggiore trasparenza sugli stipendi, più tutele per le atlete non professioniste ed importanti investimenti strutturali (esigenza comune, tra l’altro, a quasi tutti gli sport praticati nel nostro paese).
Le azzurre continuano a portare in alto il nome dell’Italia, ma valorizzare il loro impegno, anche economicamente, rappresenterebbe quel “passo in più” che ancora manca.
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